Antonella Clerici, ipotizzata come “Piano B” per la conduzione di Sanremo 2022, si lascia andare ad alcune considerazioni sul Festival durante l’intervista al settimanale F. Ammette di non sentirsi adeguata per la direzione artistica.
Infatti, dal 1994, c’è stata la consuetudine che il presentatore fosse anche direttore artistico e avesse dunque il potere di scegliere le canzoni in gara. Tuttavia quando sono state le donne a presentare il doppio ruolo è stato improvvisamente scisso. Si è verificato in tutti i casi: Raffaella Carrà (2001), Simona Ventura (2004) e infine Antonella Clerici nel 2010.
“Non sono in grado di farlo”
La timoniera de “La prova del cuoco” si dichiara impreparata per la direzione artistica del Festival alla giornalista:
“Non l’avrei neanche voluta, perché credo che ognuno debba fare il proprio mestiere. Magari domani ci sarà una donna molto ferrata sul panorama discografico e pretenderà di avere la direzione artistica. Ma io non voglio mettere bocca su tutto, voglio fare solo quello che so fare meglio. Non credo che non essere direttore artistico per una donna sia una diminutio”.
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Una risposta molto diplomatica, ma che non viene condivisa da tutte.
Il parere della psicologa
Alessandra Micalizzi, la psicologa e docente al SAE Institute, studiosa di gender gap e autrice del testo Women in Creative Industries proprio sulla differenza di trattamento delle donne nel mondo della musica, ha duramente contestato le dichiarazioni della conduttrice di Legnano:
“Penso che al Festival succeda quello che accade un po’ in tutta l’industria musicale dove, tra un uomo e una donna con la stessa qualifica, spesso all’uomo sono concessi più poteri decisionali”.
Con estrema chiarezza ha denunciato quanto accade anche sul palco Dell’Ariston:
“A Sanremo si dà la conduzione alla donna, ma poi non la si mette allo stesso livello del conduttore. Anche perché le donne pretendono molto da loro stesse, non accettano un ruolo se non si sentono pronte o pensano di non avere abbastanza competenze. Proprio come Clerici, che avrebbe detto no alla direzione artistica perché non si sentiva in grado. A volte, per cambiare le cose, servirebbe buttarsi un po’ di più, come fanno i nostri colleghi uomini”.
La ricercatrice della materia fa notare che le donne sono in numero inferiore nell’industria musicale italiana, circa un terzo degli uomini:
“Poche cantanti significa pochi successi al femminile. Le donne in classifica sono appena il 14 per cento e l’orecchio dell’ascoltatore è poco abituato a apprezzare la musica fatta da donne. Spesso vengono considerate un prodotto artistico a sé. Se gli uomini si dividono in cantautori, rapper, indie, band e chi più ne ha più ne metta, le donne musicalmente sono considerate in quanto donne”.
Le quote rosa a Sanremo
Il dibattito sulla presenza delle donne tra le artiste a Sanremo è stato già aperto diverse volte e Amadeus a riguardo si è sempre espresso negativamente. Ma la psicologa Micalizzi incalza:
“Se proprio non si vogliono le quote rosa si potrebbero fare audizioni cieche. Ovviamente solo per selezionare testi e musiche, non per l’interpretazione. Perché il paradigma di Goldenberg dimostra quanto l’attribuzione di genere di un’opera possa influenzarne la valutazione. Uomini e donne davanti agli stessi quadri tendono a sottostimare un’opera se pensano che sia di una donna”.